Strategie Aziendali: il gambetto o l’arrocco?

I repentini cambiamenti di scenari microeconomici e macroeconomici impongono veloci cambiamenti e rischieramenti delle risorse, creando spesso confusione ed indecisione. Ma un’impresa non può permettersi di non reagire, o di non fare niente. Il non reagire, implica l’essere passivi alle strategie delle società competitors.

Che strategia è valida quando l’ambiente operativo è in continua mutazione? In uno scenario competitivo sempre in mutamento, in che modo è necessario gestire le risorse? E soprattutto dove è necessario allocarle?

Un sguardo indietro, può aiutare a delineare la visione del futuro. Da qui in questo breve lavoro, si analizza l’evoluzione strategica nel tempo.

Lo scopo per il quale le imprese hanno bisogno di una strategia è legato all’utilizzo delle risorse in maniera efficiente ed efficace.

Il dizionario Collins, definisce la parola “strategy” come a general plan or set of plans intended to achieve something, especially over a long period.

Questa breve definizione ci impone di fare chiarezza tra due concetti base: la strategia e la tattica.

Per strategia s’intende il piano generale per l’impiego di risorse ed il conseguimento di una posizione di vantaggio.  Per tattica s’intende un progetto di azioni specifiche. Per tanto, la strategia è necessaria per vincere la guerra, mentre la tattica è necessaria per vincere la battaglia. In ambito aziendale, negli ultimi decenni, si è avuto modo di assistere ad un escalation del concetto di strategia.

Osserviamo come dagli anni 50 in poi, il concetto di strategia aziendale si sia evoluto nel tempo.

1.   ANNI ’50-‘60

Tra gli anni ’50 e ’60 i manager riscontrarono una crescente difficoltà nel combinare le decisioni strategiche con il controllo delle imprese. Gli strumenti sviluppati per risolvere questa difficoltà furono:

  • Le tecniche di budgeting finanziario,
  • La redazione dei piani finanziari annuali.

Strumenti, questi, in grado di dare una visione di breve periodo, ma non validi per guidare lo sviluppo dell’impresa nel lungo periodo. Da qui l’esigenza di una pianificazione di lungo periodo, nacque così alla fine degli anni ’50 la pianificazione aziendale di lungo periodo, basata sulle previsioni macroeconomiche, di solito della durata di 5 anni, che comprendeva:

  • Domanda di mercato,
  • La quota di mercato dell’impresa,
  • Ricavi, costi e margini.

Negli anni ’60, queste tecniche si svilupparono a tal punto da prevedere nei piani:

  • Priorità di sviluppo per prodotti,
  • Priorità di sviluppo per aree.

In questo periodo storico i manager si chiedevano: “Quali prodotti vogliamo sviluppare? Quali aree? Ma soprattutto qual è il budget che vogliamo allocare per il prossimo anno all’area X, e quanto all’area Y?

2.   ANNI ‘70

Negli anni’70, gli approcci scientifici al management, furono messi in discussione: la diversificazione non produceva sinergie e cresceva la concorrenza internazionale.

L’instabilità non permetteva di stimare i fabbisogni di personale a 3/5 anni, insieme all’aumento della competizione, sbaragliavano ogni metodologia: le imprese non erano più in grado di programmare gli investimenti su orizzonti di lungo periodo.

Da qui il ridursi dell’importanza della pianificazione, a vantaggio della formulazione di strategie per il posizionamento sui mercati in rapporto a i concorrenti.

Pertanto uno shift: dalla “pianificazione” alla “direzione strategica”.

I pilastri della direzione strategica erano così diventati:

  1. La Concorrenza: come ambiente competitivo.
  2. Ed il Vantaggio competitivo: lo scopo centrale della strategia. “Cosa ho io che loro non hanno?”

Il grido di battaglia era: “Cosa sappiamo fare noi di speciale/diverso rispetto agli altri?”

 

3.   ANNI ‘70-‘80

L’aumento dell’attenzione verso il miglioramento delle performance, portò a focalizzarsi verso le fonti di profitto nell’ambiente settoriale.

Il mantra qui invece era: “Cosa funziona e rende di più nel nostro settore?”

Da qui ne derivo lo sviluppo dell’approccio Pims “Profit Impact of Market Strategy”.

4.   ANNI ‘90

Negli anni 90, vi è stato uno spostamento del focus, da risorse esterne a risorse interne, o meglio sulle fonti di profitto interne.

Risorse e competenze diventavano il centro delle fonti di profitto.

Risorse e competenze erano il vantaggio competitivo.

Risorse e competenze erano la base ed il punto focale delle strategie.

Da qui la nascita della “Resource Based View of the Firm”.

Quindi, no ricerche di mercati esteri, o mercati diversi.

L’accento era posto su “Risorse e Competenze Interne”.

Qui la domanda ritornante era: “Cosa solo noi sappiamo fare che la concorrenza non può fare, e come questa differenza può fare la differenza nel medio/lungo periodo?”

 

“Cos’è la strategia?  Strategia competitiva vuol dire differenziarsi. Vuol dire scegliere deliberatamente un diverso insieme di attività per generare un’esclusiva combinazione di valore.”

  1. Porter

5.   XXI SECOLO

Nuova era, nuove regole. Nel ventunesimo secolo, le vecchie regole sono state bruciate e completamente riscritte in codice binario.

La tecnologia ha imposto il passo aprendo l’era della “nuova economia della conoscenza”.

L’hi-tech ha dato forme a nuovi modelli di business e all’evidenza una volta per tutte che “the winner takes all”.

La velocità dei tempi, il continuo mutamento rende impossibile l’implementazione di una strategia che garantisca un prolungato vantaggio competitivo.

L’obiettivo è diventato sviluppare la reattività e la flessibilità nella creazione di posizioni di forza “temporanee”.

Pertanto il focus è stato posto sulla riconfigurazione di:

  • Risorse,
  • Competenze

per collaborare in contesti definiti da alleanze strategiche.

La domanda guida, in questo momento storico era: “In che modo posso restare flessibile alla domanda di mercato, traendo beneficio da quello che c’è oggi sul mercato, ed ottenere vantaggi da accordi di partnership? E con quali strumenti e mezzi posso generare reattività nel soddisfare i clienti?”

Più avanti nel XXI secolo, il trade-off strategico sarà sempre più giocato nell’ambito della Corporate Social Responsability.  Qui i players del mercato si chiederanno: “Come possiamo fare business, contribuendo eticamente al contesto in cui operiamo?”

6.   OGGI

Ad oggi, le motivazioni di base che muoveva i nobili istinti imprenditoriali (sopravvivere e prosperare) semplificano le domande guida, riducendole all’essenziale, poiché la tattica a breve richiede velocità di esecuzione rafforzando così l’approccio “simple is best” ci si chiede:

  • Come facciamo a fare soldi?
  • Dove? (In che settore/area/mercato). – Corporate Strategy
  • In che Modo? (Che vantaggio competitivo sfruttiamo). – Business Strategy.
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